Parliamo la stessa lingua?

  01/06/2016

Hai presente quella sensazione in cui guardando una certa persona o una certa organizzazione ti viene da dire: ma parlo arabo?
Nel caso di un’azienda la si percepisce nei corridoi, alla macchinetta del caffè e a livelli più ampi nelle procedure e nei processi che guidano il gruppo.
Ecco, alle volte ci è capitato di essere chiamati in questo tipo di organizzazioni, e non per essere ripetitivi ma davvero in questo caso, la formazione One Shot non funziona.
Lo si spera ovviamente, allo stesso modo in cui ci auguriamo che un buon oroscopo possa risollevarci il morale. Ma allo stesso modo in cui ci è chiaro che la carta del cielo non scende dalle nuvole per segnare al neon le nostre scelte e la qualità della nostra esperienza, dovrebbe risultare chiaro che per ottenere risultati condivisi occorre investire tempo e risorse in ciò che fa andare avanti un’azienda: le persone.
Così è interessante notare che al di là dell’operatività funzionale, tutte le persone che compongono un gruppo, dall’operaio all’amministratore delegato hanno tutte in comune un’unica cosa: la propria umanità.
Cosa vuol dire questo nello specifico? Buttiamo là qualche idea:

1. Il nostro sistema mentale inteso come la capacità di vivere, fare scelte, avere idee e proiezioni sul futuro funziona per tutti allo stesso modo.
2. Ognuno di noi è responsabile della qualità della propria esperienza al di là delle condizioni.
3. Possiamo in ogni momento rispondere in maniera diversa alle circostanze, attraverso la creatività (che per inciso abbiamo tutti e non è appannaggio solo di qualche eletto).

Visti questi tre punti ci stavamo chiedendo in questi giorni cosa accadrebbe se all’interno di un’organizzazione si iniziasse a parlare la stessa lingua. Il rischio è quello di ottenere maggiore creatività, maggiore condivisione e maggior coinvolgimento a tutti i livelli.
E secondo te, quando le persone sono felici producono di più o di meno?

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