In ogni ghianda è inscritta la possibilità di farsi quercia.
Conosco vari modi per introdurre gli argomenti: A volte faccio grandi giri e tocco gli argomenti solo superficialmente affinché le persone si facciano solo un’idea, altre volte invece sono così diretta da mettere tutto sul piatto subito, come davanti a un buffet. A questo proposito vi annuncio che oggi è molto più probabile che segua la via diretta, perché il tema della pretesa, mi piace moltissimo e ho un bel po’ di cose da dire.
E allora parto proprio dalla domanda del titolo: cosa ne so?
Ognuno di noi sa qualcosa sulla pretesa: sappiamo esattamente cosa accade quando la esercitiamo su qualcuno e conosciamo altrettanto bene la sensazione di quando la percepiamo nei nostri confronti.
Con tutta probabilità, quando pretendiamo qualcosa dagli altri ne usciamo avviliti e stanchi perché pare che nessuno possa aderire al nostro modello ideale, mentre quando sentiamo il peso della pretesa di qualcun altro di solito la prima reazione è quella di voler fuggire lontano e a gambe levate.
In entrambi i casi, non stiamo proprio parlando di buone sensazioni.
E pensare che la pretesa, come la maggior parte degli argomenti per cui nutriamo una ben “giustificata” sofferenza, è solo da uno dei più grandi malintesi della storia dell’Umanità.
E no non sto esagerando; anzitutto perché avevo messo le mani avanti dicendo che sarei stata diretta e poi perché è qualcosa di molto comune e diffuso pensare che le persone e le esperienze della vita debbano risponderci nel modo in cui desideriamo.
Scendo nel pratico perché tanto quando parliamo per massimi sistemi il più delle volte neanche ci capiamo.
Per quanto riguarda le esperienze di vita e ditemi se sbaglio, ognuno di noi pretenderebbe di avere sempre la salute e godere di un’esperienza su questa terra lunga e prospera. Navigare in un insieme di circostanze favorevoli, magari incontrando solo persone giuste e ovviamente spuntarla sempre.
Per quanto riguarda le relazioni invece, ciò che pretendiamo è avere una persona accanto che ci comprenda anche quando siamo giù di morale, che ci sostenga e approvi ogni nostra idea. Se penso ai figli o ai colleghi di lavoro, sorrido all’idea di come siamo abituati a credere che ci meritiamo risposte adeguate, nei tempi e nei modi che sono agevoli per noi e il nostro modo di fare. Ovviamente pretendiamo la giusta distanza: vicino per farci sentire il calore ma non troppo per farci sentire in trappola.
E dunque chi disegna i confini dell’aspettativa? Noi
Come lo facciamo? Li pensiamo
Passiamo la nostra vita a disegnare confini sulla base dei quali definiamo i limiti della perdonabilità, della decenza, della credibilità e si tutto quello che ci viene in mente.
Alziamo e abbassiamo i limiti sulla base dell’umore del momento e di come stiamo sentendo in quella finestra spazio – temporale.
E ora scatta la domanda a cui sarebbe interessante dare una risposta sincera: quando sei di buon umore e vivi immerso in sensazioni di speranza, spensieratezza e neutralità, sei più o meno incline ad esercitare una pretesa?